lunedì 3 novembre 2008

Happiness is a warm gun

Difficile dare un titolo significativo alla corsa di ieri senza incappare nelle forche caudine dei filtri antispam. E, volendo, difficile anche dare una lettura alla corsa di ieri senza cadere nei luoghi comuni e senza ripetere cose dette e ridette. Potrei limitarmi ai fatti e raccontare, telegraficamente, l'epilogo del tormentato mondiale 2008. Vinto Hamleton - stop.

Volete altro. Difficile. Ci sono un miliardo di cose che si potrebbero dire. Almeno novecentonovantanovemilioninovecentonovantanove (l'avrò scritto giusto?) le potrete trovare tra quotidiani on line, blog, newsgroup e quant'altro. Proverò a cercare quell'unica cosa non ancora detta cercando di non essere troppo prolisso. Missione difficile, ma non impossibile. E, come diceva Anthony Hopkins in MI:2, missione difficile dovrebbe essere una passeggiata.

Dunque, dunque. Un anno fa, nell'ultima corsa stagionale in condizioni per certi versi simili a quelle di ieri, mi sono bellamente addormentato prima del via e risvegliato con Rikkionen campione del mondo. Scaramanticamente avrei dovuto sbattermi sotto le coperte e ronfare della grossa. E invece no. Mi sono piantato lucidamente davanti al televisore. Ma, col senno di poi, non so bene cos'ho guardato. Mi sembrava di aver messo il canale 207 di Sky. E mi sembra pure di aver sentito la voce di Vanzini e Gené. Insomma, mi sembrava tutto ok. E mentalmente ero perfettamente sintonizzato su TeleGufo (il canale per le gufaggini a distanza), nel quale potevo liberamente augurare ogni sfiga possibile al novello campione del mondo. Mancavano giusto giusto la frittatona di cipolle e la familiare di Peroni ghiacciata.

Eppure... a un certo punto, ho incominciato a vedere i cartoni animati. Una fatina buona e anche un po' zoccola, forse la rossa Bloom, si è avvicinata in volo alla pista di Interlagos e fatto un enchantix. La principessa del pianeta Domino, pur posseduta dal fuoco del drago, ha deciso di spargere acqua sul circuito a nove giri dalla fine. E, in un niente, la corsa di Pippe diventa veramente la corsa per il mondiale. Per Hamilton, che fino a quel momento aveva corso con la calcolatrice in mano come un qualunque revisore contabile, le cose sembrano mettersi maluccio. La maledizione del perdente sembra abbattersi sul giovane e antipatico (posso dire che si tratta di un'antipatia a pelle senza passare per razzista?) pilota della McLadren. Tutto sembra indirizzare il mondiale verso Maranello quando Vettel sorpassa Hamilton, che a quel punto si ritrova sesto. Massa taglia il traguardo, Hamilton è ancora sesto. Mancano ancora due curve al traguardo. I cronisti italiani impazziscono, al box Ferrari incominciano a tirar fuori lo champagne dal frigo. Ma ecco che succede l'inimmaginabile. Quella specie di pistola aromatica che risponde al nome di Timo Glock si ferma a guardare le marmotte che incartano la cioccolata a bordo pista. La qualcosa è già incredibile di suo, se si pensa che a memoria d'uomo mai marmotta fu avvistata in tutto il Brasile, foresta amazzonica compresa. Hamilton passa, e in definitiva vince, vince, sì il ragazzino vince e con lui vince la McLaren intera. E se uno svizzero ti dice, italiano pizza, spaghetti mandolino... probabilmente non ha tutti i torti.

E mentre al box Ferrari, incuranti degli eventi, incominciano a brindare (diranno poi che stavano comunque festeggiando l'importantissimo e fondamentale mondiale costruttori), Don Dennis se la ride beatamente sotto i baffi.

In definitiva, aveva ragione Leopardi. La felicità è un momento normale tra due momenti di merda. Chiedere a Pippe: quando pensi di averla assaporata, ti rendi conto che quello che hai messo in bocca non era la cioccolata incartata dalle marmotte, ma ti tocca comunque ingoiare il boccone amaro. E aveva ragione Giovannino Lennon, che diceva che la felicità è una pistola calda. Chiedere a Lewis: la felicità è una pistola che si chiama Glock.

Stay tuned.