lunedì 18 giugno 2007

E quindi uscimmo a riveder le stelle

E le strisce. Della bandiera americana, che è l'unica cosa che sventola alta nei cieli di Indianapolis, settimo girone della Divina Commedia di Dante Alighierecclestone.

E, a questo punto della Commedia, non pare che li cavalli ertosi posssano uscire dall'inferno neppure nel prossimo canto. Giacché i carri anglo-germanici correan come spiriti veloci. E al ritmo indemoniato del moro e dell'ispanico nulla potean ribattere i fantini rampanti di Maranello.

La mia vena poetica è a dir poco patetica (ma questa fa' rima, tiè). Ciò non toglie che non saprei come altro commentare la gara di ieri. Che non sono riuscito realmente a decifrare. Perché in effetti si sono viste anche cose divertenti. E mi scoccia pure dire che il Fisico ha fatto anche dei sorpassi notevoli. Anche se prima aveva buttato la gara al vento con una cazzata da pivello all'esordio. Ma alla fine, il risultato in pista rispecchia più o meno l'ordine di partenza. Il ché significa che nella sostanza non è successo quasi nulla.

Non posso e non voglio pensare che ci sia stata vera battaglia tra i piloti McLadren. Perché l'unico accenno a singolar tenzone tra il saraceno e l'ispanico è durato poco più di seicentometri in fondo al rettilineo box. Poi il nulla. E prima ancora meno. Tanto da far sospettare che vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare. Per dirla in altri modi, qualche consiglio per gli acquisti dalla regia non può non essere arrivato. Sempre nei limiti regolamentari, per carità. Sia mai detto che Don Dennis Corleone faccia qualcosa di illecito. E per dirla tutta, anche Don Alvaro Badalamenti probabilmente non è stato da meno nella pseudo-lotta in famiglia tra Penelopippe PitStop e il finnicello Rikkionen, che sembrava litigassero per un rossetto più che per il podio.

Non lo so, incomincio un po' a vivere le corse con distacco. Proprio quando Sky ha incominciato a trasmettere le libere, le qualifiche e la corsa nella magnificienza dei sedici noni, io sto incominciando ad annoiarmi sempre più. E mi ritrovo al lunedì mattina senza saper bene cosa scrivere. Immagino che anche voi non sappiate più se avete poi tutta questa voglia di leggere.

Vabbeh. In attesa di ritrovare l'ispirazione, vi rimando al primo di luglio. Per il GP di Francia.
Quando canterò di quel secondo regno
dove l'umano spirito si purga
e di salire al ciel diventa degno.

Stay tuned.

lunedì 11 giugno 2007

Figli di un vento minore

Si potrebbero dire molte cose del weekend canadese. La gara di ieri ci ha regalato emozioni forti come non capitava da tempo immemorabile. Sorpassi, errori, incidenti, safety-car. Soprattutto la safety car. Io continuo a chiedermi perché si debba continuare lo stillicidio della safety car anche quando succedono incidenti pazzeschi come quello del cubo di Rubika. Soprattutto se mentre le macchine girano a passo di lumaca non ci fanno vedere mille replay della botta da paura e censurano le operazioni di soccorso (cosa che in qualche modo, anziché rassicurare, ha aumentato il pathos e le preoccupazioni). Che abbiano finito le bandiere rosse?

Questa formula uno è da tempo affogata in regole sempre più complicate e astruse, e le gare diventano imprevedibili anche (o forse solo) per questo. Magari è una cosa voluta, ma una competizione in cui le regole non sono chiare neanche agli stessi partecipanti (figuriamoci al grande pubblico) assomiglia sempre più ad un episodio di un "Giorno in pretura del dottor Azzeccagarbugli" e sempre meno ad uno spettacolo "sportivo". Cionondimeno, non capisco ma mi adeguo. E non mi straccio di certo le vesti per la giusta squalifica di Penelopippe Pit Stop, figuriamoci per quella di Fisiko o per gli stop&go inflitti ad Astronso e Figlio di Papà Rosberg. Certo è che tutte ciò fa assomigliare la competizione ad un match race velistico, con regole su regole, richieste di penalità, infrazioni, sanzioni e chi più ne ha più ne metta.

Quello che rimane è che Carl Lewis Hamilton, figlio del vento, nato da una scorreggia, imbrocca il giusto lato del campo di regata e si presenta alla prima boa in testa mure a dritta. Mentre Astronso, per citarne una, sbaglia la strambata ed è costretto ad orzare per rimanere nel campo di regata. Il primo di tanti errori che lo porteranno ad un miserrimo settimo posto, con tanto di umiliazione leggi sorpasso da una Super Auguri a chi tanti amanti ha. Cose dell'altro mondo. E così, come una New Zealand qulunque, lo scafo nero e argento di Hamilton ha concluso con il vento in poppa la regata nel bacino di Montreal. E mentre woking si tinge di kiwi (uccelli, mica cazzi), la parte di Luna Rossa la fa la Rossa per antonomasia. Il cappotto di Prada veste bene anche per le strade di Maranello. Penosa, al di là della squalifica di Pippe Massa, la prestazione della scuderia. In confusione totale più o meno in tutte le fasi della gara (e non solo). Comprese le strategie. Ma quello che più mi preoccupa è che dopo 7 gran premi l'unica scuderia a non aver ancora effettuato un sorpasso che conta in pista è proprio la Ferrari. E questo è l'aspetto più inquietante della vicenda.

Una ragione va probabilmente ancora una volta ricercata nel regolamento. Le gomme uguali per tutte (ma non ho ancora capito il senso della norma che impone di usare entrambe le mescole durante una gara), motori praticamente identici (visti i paletti molto stringenti fissati per legge sulle caratteristiche tecniche), tutto o quasi si gioca sull'aerodinamica e sul telatio. E, alla esasperata ricerca di un'efficienza tutta da dimostrare, qualcosa deve essere andato storto nella galleria del vento di Fiorano Modenese. Figli di un vento minore, anzi, di un vento sibemolle minore diminuito. O, molto più realisticamente, senza stare a sprecare troppe unghie sugli specchi, a Maranello hanno assunto due eunuchi senza palle.

Un piccolo pensiero sulla gara. Il podio, decisamente inedito. I piloti piazzati anche. Se tutte le gare fossero così bizzarre qualcuno potrebbe anche considerare la cosa divertente. Sarà. Ma non mi convince. A me piace l'incertezza dovuta all'equilibrio delle forze in campo. L'incertezza del fattore umano. Il guizzo del pilota che sa fare la differenza. Siccome mi rendo conto che tutto questo è impossibile da ottenere, per il momento mi accontento di vedere una classifica che se qualcuno ha imbroccato la colonna vincente del Big Race gli offro da bere (ma tanto già so che non ha vinto nessuno, v. qui).

Per oggi basta così. Vi rimando come al solito alle affidabili e precise fonti del giornalismo. Come quello che ha parlato di un incendio a bordo di un aliscafo tra Ischia e Carpi. O quello che, parlando di una che si voleva rifare le tette, e cito testualmente "da tempo desiderava una mastectomia". Chissà cosa scrivono oggi. Io, per il momento, mi fermo qui e vi do appuntamento al prossimo weekend per il gran premio di Indianapolis.

Stay tuned