giovedì 31 maggio 2007

L'importanza delle parole

Quante volte l'avete sentito dire. Soprattutto dal vostro professore di lettere, quando vi riconsegnava i temi di italiano con una sufficienza striminzita.

Le parole possono essere pesanti come macigni, oppure leggere come l'aria e sparire in un alito di vento. Che si stia scrivendo, incidendo una lastra di marmo, urlando o sussurrando, tutto dipende dalle parole che si usano. A volte, più raramente, da come le si usano.

L'ultimo capitolo dell'ennesima polemica dalla pit-lane (i presunti ordini di scuderia da parte di Ron Howard Dennis) si chiude con un nulla di fatto. La magia degli effetti speciali e l'inusitata solerzia della giustizia sportiva (se giusti si possono definire i sommari tribunali sportivi) hanno di fatto cancellato ogni dubbio sulla legittimità della vittoria di Astronso nel gran premio di Montecarlo. Ora, chi è senza peccato scagli la prima pietra. E infatti, non sono stati Alvaro e company a sollevare la protesta (dopo l'infame "let him pass" del gran premio d'Austria di qualche annetto fa, lungi da loro pensare di sollevare una questione per qualcosa di molto meno eclatante). E sebbene il padre padrone della formula uno abbia tuonato cose irripetibili e chiesto sanzioni al di là di ogni ragionevole equità (tipo "escludiamoli dal campionato"), la giustizia forse per una volta ha fatto il suo corso naturale.

Diciamocelo chiaramente: con il senno di poi la gara forse avrebbe anche potuta vincerla Hamleton, e molti di noi sarebbero anche più contenti. Ma è stato un ordine di scuderia a far vincere la gara allo spagnolo. I giudici sportivi hanno ascoltato e riascoltato le registrazioni di tutte le comunicazioni tra box e vetture in pista. E niente di niente. Da nessuna parte si è sentito dire "devi far vincere Fernando", "non ci provare a sorpassarlo", "adesso ti facciamo rimanere secondo che è meglio così", o cose di questo tenore. Ne' tantomeno "lascialo passare", anche perché in quel momento era davanti il 2 volte campione del mondo.

Quindi, tutto bene. Sicuri? Sicuri sicuri sicuri?

Premesso che per quanto mi riguarda la McLadren può fare tutti i giochini di scuderia che vuole e non me ne può fregare di meno (fintanto che non si comincia a giocare veramente sporco con gli avversari, tutto è lecito o quasi), forse tutto si è giocato sul filo delle parole. Parole non dette, parole non scritte. D'altra parte, tutto possiamo pensare tranne che Dennis sia uno stupido. Se un quaqquaraqua qualunque dice "vammi a comprare un kg di pane bianco" per indicare il desiderio di una certa quantità di robbabbuona da tirar su con le narici, non posso pensare che Don Dennis osi proferire il "verbo" sbagliato in una comunicazione la cui unica certezza è quella di essere intercettata. Dunque, trattasi necessariamente di qualcosa di più sottile. Un pizzino in modulazione di frequenza. "Vossia fosse pregato di accomodarsi per il pittestoppe. Che ci dobbiamo cambiare le gomme e anche la strategia. A proposito, quan'tè bella la vostra nipotina in questa foto mentre esce da scuola". In effetti, io non ci trovo nulla di illecito. E voi?

Chiudo qui, avendo sprecato fin troppe parole per qualcosa che sfiora il nulla assoluto. Parole decisamente molto poco importanti.

Stay tuned

lunedì 28 maggio 2007

Tappeto rosso

Siamo in Costa Azzurra, l'è vero, ma ahimé non siamo alla Croisette. Siamo qualche chilometro a est, MonteCarlo, principato di Monaco.

Una volta, e neanche tanto tempo fa, a Maranello avevano un padrone ed uno zerbino. Adesso tutti quanti si sono inzerbinati e tristemente diventati tappeto, parafrasando Mario e Saverio, sotto i piedi dei Savonaralonso di turno. Che può anche muoversi.

Eccome se si è mosso. Sin dalle bugiarde libere del giovedì (sulle quali ho taciuto, avendo avuto dopo tanto tempo l'occasione di vederle in diretta TV) si era capito che questo weekend sarebbe stato molto difficile per gli amanti del rosso. I distacchi imposti dalle macchine di Woking era importante, e a poco sono valse le ipotesi pseudoscaramantiche su assetti, carico di benzina et altro. Né sembra aver avuto particolare efficacia la macumba della pioggia.

E così, mentre nel Chiantishire si produceva una violenta grandinata, nel principato il sole si specchiava nelle frecce d'argento, illuminando d'immenso lo stretto budello d'asfalto tra tabaccai e piscine.

La gara, in verità, è stata noiosetta. E avrei dovuto capirlo da molti indizi. Ma prima, devo fare un'ammissione: non ho visto la corsa in diretta. Ero in effetti impegnato a strafogarmi di carne da Solociccia, suggestivo locale in quel di Panzano in Chianti. E ho fatto di tutto per evitare di avere un benché minimo brandello di informazione su quello che è successo in pista. E ci sono riuscito. E già qui avrei dovuto capire che la gara non era stata un granché. Per tutto il viaggio di ritorno, nella morsa degli autovelox del tratto appenninico dell'Autosole, Isoradio non aveva neanche lontanamente accennato al gran premio di Montecarlo. Né tantomeno se ne era parlato nei titoli di apertura dei telegiornali (in effetti Luxuria presa a uova marce è una notizia mooooolto più interessante). Insomma, nessuno, neanche per sbaglio, mi aveva fatto pervenire il benché minimo indizio che ci fosse stato un gran premio. E mentre su Sky iniziava la replica delle 20, io, ignaro del tutto, già sapevo come sarebbe finita la corsa. Non poteva aver vinto Hamleton, che mentre si interroga sull'essere o non essere, continua ad arrivare secondo e ad essere leader in classifica generale. Non poteva aver vinto una Ferrari, perché sarei stato tempestato da messaggi subliminali fin dalle 15:45 o giù di lì. Né poteva essere stata una gara rocambolesca con pioggia, incidenti, sorpassi o altro. In verità, l'unica sorpresa poteva essere una disfatta totale delle Ferrari, ma anche in questo caso avrei captato qualche onda telepatica attraversare i miei due neuroni.

Insomma, mi sono messo davanti alla tv senza sapere niente eppure sapendo già tutto. Sconsolato e ancora in piena digestione dopo l'abbuffata chiantigiana, ho atteso lentamente che succedesse qualcosa. Un bacetto al guard-rail. Una gomma avvitata male. Un sorpasso per caso.

Niente di tutto ciò. Una gara all'insegna della noia più totale tanto che devo ancora finire di sbadigliare. Certo, se anziché una doppietta McLaren fosse stata una doppietta Ferrari... sarebbe stata noiosa lo stesso, ma almeno avrei di ché bullarmi. E invece mi sento avviluppato da una specie di depressione post-parto. La strana sensazione che per quanto uno gli voglia bene e cerchi di crescerlo bene, questo mondiale è già un po' troppo indipendente e va per la sua strada. E questa strada sembra portare dritto dritto a Woking. Ma, Gianni, non può morire l'ottimismo!!! Per il momento ci possiamo consolare con il podio del tappetto rosso. A proposito, ma se il diminutivo di Filippo è Pippo, quelo di Felipe è Pippe? E se così fosse, non oso immaginare quale possa essere il diminutivo di Rikkionen...

Per oggi non c'è nient'altro. Come al solito vi rimando ai commenti professionali dei professoroni della carta stampata e di quella visualizzata. L'appuntamento per tutti i Gianni e per gli E.R. dell'ottimismo è tra due settimane in Canada. Per tutti gli altri anche.

Stay tuned

lunedì 14 maggio 2007

Op, op, op, somarello

Riprendiamo, più o meno, da dove eravamo arrivati. Lento lento, sulla strada del mondiale 2007, sulla sella alla McLaren, viene l'eterno secondo. Che per uno strano gioco del destino si ritrova primo. Lo era già 4 settimane fa al termine del gran premio della Malesia, ma adesso è più primo degli altri, visto che adesso è solo solingo in testa alla classifica.

I meno giovani ricorderanno che nel periodo Senna-Prost (un'era geologica fa, insomma), i punteggi furono modificati per dare un maggior peso alle vittorie rispetto ai piazzamenti. In tempi più recenti, si decise di dare punti a più piloti, riducendo nuovamente il gap di punteggiatura tra il primo e il secondo. Il risultato è quello che è: Hamleton, pur ancora senza vittorie, conduce il mondiale.

E, paradosso per paradosso, la Ferrari, con 3 vittorie su 4 e 4 pole su quattro (e quattro giri veloci su quattro in gara), si ritrova seconda nella classifica costruttori. Ad una distanza che incomincia ad essere preoccupante.

Ma chi è causa del suo mal pianga se' stesso. A Maranello, dopo che per anni avevano fatto dell'affidabilità (oltre alle prestazioni) il suo fiore all'occhiello, si sta accorgendo che quella che sembrava una rosa è diventata un crisantemo. Appassito, per giunta. E così, dopo il flop in qualifica per Massa nella gara di avvio, è arrivato anche il ritiro in corsa per noie elettriche (ma i divertimenti elettrici che sono, dei vibratori? ndr) del finnicello Rikkionen. Mentre la McLaren, che la parola affidabilità non la trovava neanche nel vocabolario, sembra non si rompa più neanche prendendola a calci. O a gommate, come ha fatto Felipe y Martinez Y Gonzalez Y Massa detto Chico al primo giro. Una sgommatina nella fiancata di un tracotante Astronso. Che non grandendo, avuto la faccia tosta di dire in conferenza stampa che queste cose non si fanno, che è molto pericoloso, che i commissari hanno indagato per molto meno in passato, ma ci mancherebbe, non c'è niente di scorretto, sto gran fijo d'una mignotta di Felipe, no siamo amiconi, ma che ti prendesse fuoco la macchina ai box, bla bla bla.

Ora, non so cosa faccia la mama di Felipe, ma un po' di fuocherello ai box la macchina l'ha fatto. Niente di ché, il glabro Felipe manco se ne è accorto. Anzi, una ceretta al volo non guasta mai.

Come al solito la gara è stata, per tutto il resto, avara di emozioni. Tanti (rispetto alle medie stagionali) i ritiri nei primissimi giri (Trullallero e Rikkionen su tutti) e poco altro. Unico evento degno di menzione un numero incredibile al box BMW-Sauber. E' successo che l'uomo lecca lecca si è sbagliato e ha tirato su troppo presto. Ora, va detto che l'uomo lecca lecca non è un bocchinaro della pit-lane, né un cocainomane, né uno strano soggetto in tempesta ormonale e con istinti feticistici. E' semplicemente colui che, cartello alla mano, segnala al pilota che tutti hanno completato la loro operazione. Ora, non è né la prima né l'ultima volta che viene dato il via troppo presto. L'incredibile, se vogliamo, è che:
1) Heidfield si stava portando a spasso il meccanico addetto all'anteriore destra, e il meccanico non era molto contento di questa gita fuori programma;
2) il dado di fissaggio è volato per aria senza che nessuno dicesse ba o anche solo "cazzo la ruota"

A dire il vero, qualcuno (oltre a qualche milione di persona sdraiata in poltrona) se ne è accorto. Un prode meccanico della Toyota ha raccolto il pezzo incriminato, e prima ha fatto nono con il ditino, come a dire 'ndo cazzo pensi di andare senza il dado. Dopodiché si è infilato il pezzo in tasca come a dire "cazzi vostri, io ve l'avevo detto". Il povero Olalaheidfield si è ritrovato a fare un giro di pista ad andatura da nonnino con il cappello per rientrare ai box e completare l'operazione. Postilla: a sentire il mitico trio RAI, il regolamento prevede che la macchina, una volta ripartita, non si possa riportare indietro ai box nenahce a spinta. Ora, si fa un gran parlare di sicurezza e si mortificano circuiti gloriosi in nome della stessa: qualcuno dovrebbe spiegarmi come una macchina la cui ruota può volare per il circuito (o in testa ad uno spettatore) si coniughi con sicurezza. Forse, sicurezzava? O sicurcazzava?

Va bin, per la classifica completa della corsa, del mondiale, del campionato di serie A di Lacrosse ed altro vi rimando a ben più titolate testate, on-line o cartacee che siano. Io me ne torno nel mio letargo dello scriba e vi do apputtanamento a tra due settimane. In quel gran casino, ops, volevo dire casinò, di Monte Carlo.

Stay tuned