lunedì 22 ottobre 2007

Expect the unexpected

I had a dream. Nel pomeriggio di ieri, attanagliato dalla stanchezza, mi sono concesso un pisolino in tardo pomeriggio, dimentico, ahimé, che da lì a qualche minuto avrebbe avuto luogo una gara di samba in quel di San Paolo do Brasil.

Nel sonno, è incominciato il sogno... Ho visto una Ferrari davanti all'altra. Ho visto una McLadren dietro e una molto più indietro, addirittura doppiata. Ho visto un Rikkionen che sbucava davanti a Felipippe dopo l'ultima sosta. Ho visto che mancavano 18 giri alla fine. Ho visto un Man In Black che cercava di recuperare. Ho visto una Williams ed una BMW lì per lì per regalare il quinto e fondamentale posto al giovine Hamleton. Ho visto una bandiera a scacchi. Ho visto una scritta 110/109/109. Una donna un po' tozza, questa classifica. Ho visto un podio e ho sentito gli inni nazionali. Ho visto la festa di Maranello. Ho visto i proletari della bassa modenese sventolare le bandiere con il cavallino rampante a bordo della loro modesta due posti rossa, e non era una Smart. Ho visto le macchine rientrare dal parco chiuso e dalle verifiche dei commissari. Ho visto che non erano tutte. E ho continuato a dormire.

E poi... mi sono svegliato. E ho visto che o sono un veggente, oppure non era un sogno. Tutto vero. Per il finnicello Rikkionen, le speranze di vittoria del titolo erano legate ad un filo sottile sottile. Ma evidentemente era un robusto filo di ragnatela. Ed in questa ragnatela ci è caduto in pieno lo scarrafone nero di Woking. Che, porello, è un bimbetto con la bocca ancora sporca di latte. O una piccola peste irriverente, fate voi. Di sicuro a Bernie la tata avrebbe fatto tanto piacere vedere un campione del mondo nero e l'ossequiosa federazione ha fatto di tutto per assecondare le brame di Lord Farquaadlestone.

L'asfittico mondo della formula uno, in debito di ossigeno come non mai, probabilmente deve invece ringraziare il destino e la coglionagginesperienza del giovane e antipatico talentino anglo-caraibico. Il mondiale vinto in modo rocambolesco ed un po' inaspettato (ma sicuramente da molti sperato) ha un non so ché di divina provvidenza di manzoniana memoria. Una pioggia catartica che lava via i peccati di una stagione che pur bella nella sua incertezza, definire tossica è dire poco.

Ma non è ancora scritta la parola fine ed i titoli di coda non sono ancora partiti. La superbia mai doma di Don Dennis, il più grande lestofante della formula uno moderna e non solo, dopo tutto quello che ha combinato la McLadren, ha avuto infine il coraggio di presentare ricorso per la presunta irregolarità nella temperatura della benzina dei piloti BMW: quelli che, in caso di squalifica, riporterebbero il robottino di cioccolato in quinta e decisiva posizione.

Se, con tutto quello che McLadren e Hamleton hanno combinato in questa stagione da Azzeccagarbugli, il titolo venisse spostato a tavolino da Maranello a Woking, penso che il danno di immagine per la Formula Uno sarebbe irreparabile. Anno dopo anno le corse perdono appeal e pubblico. Gli autodromi, complici prezzi da prima della Scala (pelliccia e gioielli compresi), si stanno pian piano svuotando. I formulaunologi più incalliti hanno scoperto che ci sono cose più interessanti da fare durante le due ore e mezzo tra qualifiche e corsa, tipo prendere il viagra, aspettare che faccia effetto e tutto il resto. E le mogli/fidanzate ringraziano.

Se la FIA, longamanus di Farquaadlestone, decidesse di accogliere il ricorso e trasferire come un bonifico internazionale il numero uno dall'Italia alla Gran Bretagna, il mondiale morirebbe. Hamleton non potrebbe presentarsi da nessuna parte senza essere subissato di fischi e forse peggio. Lord Farquaadlestone verrebbe probabilmente mangiato da una draghessa incazzata e ridotto a quello che dimostra di essere al termine del lungo processo digestivo. E qualcuno, che ha già mosso i propri passi in altre direzioni e da tempo è in rotta (anche e soprattutto per interessi economici) con il signorotto in miniatura, potrebbe decidere che è giunto il momento di dire basta.

Chiudo citando Verbal Klint, alias Kaiser Sose. "La beffa più grande che la Formula Uno abbia mai fatto è stato convincere il mondo di essere uno sport... e come niente, sparisce".

Io ho detto la mia, se volete, potete dire la vostra.

Stay tuned.